Attività mentale che si svolge grazie al cielo solo durante il sonno, caratterizzata da impressioni visive degne di una tragedia greca, sensazioni e pensieri non coordinati tra loro logicamente ma esprimenti tutte le parti di me, anche quelle che non sopporto. Voci, quelle che ho chiuso in un cassetto così profondo che si apre solo quando dormo. Ermytage è la fase in cui il cassetto si apre e le immagini vengono liberate. Di Anna Ponti.
Dalla testa e dalla pancia.
La tregua dalla mia storia dura un solo istante. Giusto il tempo di nutrirmi e dire grazie. La porta si riapre e tutto ciò che mi porto dentro inizia ad arrampicarsi sulle pareti del cestino del presente. E in mezzo a tante storie e tante domande ci sono due occhi che non smettono di parlarmi. Mi seguono con amore in ogni gesto e in ogni passo. Sono la sospensione in un tempo infinito. Un vuoto profondo in cui ci sta tutto quanto.
Il suono della sopravvivenza.
Perché i sopravvissuti non possono solo gioire. I sopravvissuti si portano sulle spalle la densità di ogni giorno di respiro in più che hanno. Questà densità però si può trasformare in energia, rapida e leggera. La forza di far sentire anche agli altri, a tutti coloro che non hanno ricevuto alcuna grazia, qual'è il vero gusto della vita. Ed è in questo modo, agendo con il cuore in mano, osservando la magia racchiusa nei piccoli gesti, entrando in punta dei piedi nella vita degli altri, onorando ogni alba e ogni risveglio, che la bilancia ritrova l'equilibrio e il flusso della vita la sua direzione. Io non sono Mario e un po' mi dispiace. Perché vorrei anche io, ogni mattina e ogni sera osservare il cielo con la piena consapevolezza di guardarlo dalla prospettiva migliore. Ringrazio la madre di quel ragazzo di Genova che mi ha raccontato questa storia, mentre delicatamente con il suo obiettivo rubava attimi di emozione in un giorno molto importante per la mia famiglia.
Sembra proprio una civetta.
La casa è in ordine, la cucina è asciutta, il pavimento è pulito e profumato. Forse per questo invece di rimanere sul divano questa notte preferisco distendermi con un asciugamano, una tovaglia e un tappetino per il bagno, per terra, sul terrazzo.
Guarda. Guarda laggiù sul tetto in mezzo ai camini. La vedi quell’ombra scura? Sembra proprio una civetta! Probabilmente non lo è. Se lo fosse, sarebbe già morta, soffocata da tutto l’inquinamento che c’è. Non importa. Posso provare a credere anche solo per una notte che lo sia. Perché le civette portano fortuna e ne avrò bisogno ora che ho deciso di continuare a crescere come voglio io.
Valigie sul pavimento.
In alto a sinistra.
A caso.
Mele dalla finestra.
Se poi la soluzione non arriva puoi sempre lanciare le mele dalla finestra.
Mele marce. Non dobbiamo sprecare nulla. Anzi mezze mele marce. La metà buona ce la teniamo e magari ci facciamo un altro tortino. Un tortino improvvisato con la scorza di limone tagliata a cubetti piccoli piccoli con il coltello perché la grattugia è andata a nascondersi in fondo al frigo dietro barattoli vuoti di marmellata fatta in casa e olive che cercano di fare capolino da uno spesso strato grigio di muffa. La grattugia è rimasta lì e il limone a cubetti è finito insieme ad un minuscolo pezzo di guscio d'uovo nell'impasto per il tortino fatto con la mezza mela buona. Per questo oggi prendo la mezza mela marcia e la lancio con violenza fuori dalla finestra dell'ufficio. Ma ho le braccia troppo piccole nonostante le casse d'acqua che mi trascino fino al quarto piano ed è per questo che la mela non riesce a superare il cancello del dannato borgo valentino che va salvato e si va a schiantare su una macchina. Manco la soddisfazione di superare il recinto del cantiere eterno e già condannato dal quartiere. Ci sono ancora un paio di mele da lanciare. Prima però devo aspettare che marcisca almeno il primo quartino. La grattugia è ancora dov'era. Mi è passata la voglia di tirarla fuori quando il gatto è riuscito ad aprirsi il frigo e ha tirato giù dall'ultimo ripiano un pezzo di pecorino e dopo averlo scartato se l'è mangiato. Il pecorino. Il Dio pecorino che non manca mai in casa mia. Il gatto si è mangiato il mio pecorino. E se non gli do l'activia tutte le mattine diventa isterico e mi azzanna. Ho un gatto drogato di latticini. Se tiro fuori la grattugia ho paura di tornare a casa e di ritrovarmelo davanti ad un piatto di maccheroni cacio e pepe. Meglio lasciarla lì insieme alle olive ammuffite perché anche le olive creano dipendenza. Credo ricordino un non so quale tipo di ferormone felino che li fa impazzire. Oggi però c'è il sole per questo va tutto meglio. In pausa pranzo ho inseguito come sempre un attimo di solitudine e sono andata al valentino che per ora è salvo e mi sono seduta sul prato a prendere il sole. Si stava da Dio. Non volevo più andare via. Poi ho iniziato guardarmi intorno e all'improvviso mi è sembrato tutto finto. Tutti finti. Tante macchiette tutte uguali con voci impostate e sguardi vuoti. Allora mi sono distesa e ho iniziato a guardare il cielo e ho visto le nuvole muoversi. Ho tirato un sospiro di sollievo e ho pensato. Ok. Sono viva. Va tutto bene.
Ora vado a mangiarmi l'ultimo quartino di mela. Il quartino buono però.
Ricomincio dalla fine.
Perché non scrivi? Perché mi manca il finale. In che senso? Non puoi iniziare a scrivere e basta? No. Non posso scrivere senza il finale. Ma che ne sai magari inizi a scrivere e poi una parola dopo l’altra per forza ad una conclusione ci arrivi.
Si per forza fosse anche solo quella di lasciar perdere. Come dici tu, la soluzione, probabilmente, arriverà da sola, senza che nemmeno io abbia bisono di sforzarmi per raggiungerla. Sarà una semplice conseguenza di tutto ciò che viene prima. Ma se quando cominci non hai in mente un obiettivo da raggiungere, chiaro, limpido, brillante come la macchia che si crea sullo schermo del computer quando viene colpito da un raggio di sole troppo forte, che qualità credi che possano avere le parole che scegli per arrivarci?
La vita funziona allo stesso modo. Puoi lasciarti vivere, trascinato da obiettivi che in realtà non ti appartengono, oppure puoi sforzarti di capire quello che vuoi davvero. E iniziare ad orientare tutto te stesso in quella direzione. Puoi permettere a quel raggio di sole di prendersi tutto lo spazio che vuole, al posto di correre a chiudere le tende.
Forse questi ultimi mesi sono serviti proprio a questo. A farmi capire meglio quello che voglio davvero e a lasciare un’altra volta la finestra aperta.
Forse è per questo che oggi, a denti stretti, mi ritrovo a dire Voglio con tutta questa lentezza e questa sete.
"Voglio.
Voglio sentire il sapore delle spezie nell’aria e provare il desiderio di pucciarci la punta della lingua. Voglio raccogliere frutti maturi dopo essermi fatta male, dopo aver corso senza maniche sotto una fitta tenda di grandine. Voglio lasciare che il succo di quei frutti mi scorra tra le dita e condividere quelle gocce di vita con qualcuno capace di apprezzarle. Voglio rimanere per un attimo seduta su una sdraio che non ho, ad ascoltare i rumori della strada dal balcone che ho e sentirmi soddisfatta, di me stessa e di quello che provo. Voglio poter fare della mia storia il mio tesoro e voglio dirlo senza paura di essere giudicata. Voglio mangiare carne e pesce in compagnia, con olio buono e basilico fresco. Voglio leggere e studiare di più. Voglio sapere di più. Voglio fumare di meno. Voglio trasformare la mia profondità in emozioni capaci di lluminare i miei occhi e quelli di chi li guarda, sempre. Non una volta al mese. Voglio ascoltare una storia vera e iniziare a farne parte. Voglio rimanere coerente con me stessa e ritrovarmi un giorno a pensare “ho fatto bene”. Voglio di nuovo un’avventura. Voglio scoprire una musica nuova e percussioni capaci di dare un nuovo ritmo alla mia vita. Voglio trovare il coraggio di riascoltare la musica di tutto quello che non c’è più, per poter ricominciare a sentire. Voglio sedermi per terra e ritrovarmi per caso spettatrice di un'opera d'arte. Voglio un sentimento, voglio più coraggio, voglio più calore. Voglio ricominciare a camminare per strada sorridendo, certa di stare per ricevere un regalo. Voglio una vita in cui “odiare” non debba essere la parola più piacevole da pronunciare".
Voglio questo finale, con tutta me stessa e lo voglio come punto di partenza.
Una guerra e mille colori.
Questioni di responsabilità.
La lampada di Biancaneve.
Ho preso una scossa. Ho provato ad attaccare la spina di una lampada ad una presa all’interno di una casa vecchia, in montagna, di quelle che sanno di muschio e di brace, dove batuffoli di polvere si accumulano negli angoli e dove si nascondono oggetti che ricordano la strega di Biancaneve. La polvere mi entrava negli occhi e l’aria asciutta mi faceva pizzicare il naso. M;a ero affascinata da quella lampada a forma di candela. Sembrava proprio una di quelle candele bianche lunghe che una volta accese creano gocce di cera perfette. Mi piaceva così tanto quella candela perfetta che mi è venuta voglia di accenderla, sperando di vedere la cera sciogliersi e di poterci pucciare la punta delle dita per creare sottili sfoglie bianche con sopra impresse le linee delle mie impronte digitali . La presa era difettosa e mi sono presa una scossa. Sembrava proprio una scena da cartone animato tipo Tom&Jerry. Mi sono immaginata trasparente con le ossa dello scheletro fosforescenti. Non credo di essere diventata trasparente ma sicuramente mi sono venuti i capelli dritti e pure un gran mal di testa. Quella casa apparteneva ad una mia compagna delle elementari che aveva deciso di portarmi n vacanza con lei e la sua famiglia. Da bambina ossessionata dalla volontà di essere perfetta, come le gocce di cera, mi sono vergognata moltissimo per il fatto di aver voluto, senza permesso, inserire la spina di una lampada in una presa e per questo non ho detto nulla a nessuno.
Quattro occhi.
Domani parte un amico per un lungo viaggio. Un viaggio a Katmandu, lungo 5 mesi. In realtà il suo non è un semplice viaggio. E lui non è un semplice amico. È una parte di me. La parte di me che ho amato di più. A volte la vita ti rende un po’ impermeabile. Ti fa sentire di meno. Stasera le coincidenze della vita ci hanno fatto ritrovare di nuovo per un momento, rapido come un sorso, con gli occhi umidi. E nei nostri occhi c’era davvero tutto quanto. L’amore che abbiamo vissuto, le cose che abbiamo imparato, le persone che ci sono state e che non ci sono più e quest’ultimo mese così incredibilmente, emotivamente, impegnativo. Nei nostri silenzi c’era tutta la fretta che abbiamo sempre avuto di mangiarci la vita. Una fretta che è pericolosa. È la fretta di chi osa. E chi osa mette in conto la la fine di tutto. Noi due ci siamo persi per colpa di quella fretta. O forse semplicemente ognuno ha continuato a camminare per la propria strada. La vita a volte separa. A volte riunisce. La vita è rendersi conto che in realtà non ci si perde mai. Ora mi rendo conto di non aver mai perso nulla. Non faccio e non ho fatto altro, che alimentare ogni giorno, con ogni mio respiro e ogni mio gesto l’intensità racchiusa nel mio cuore. Fino ad oggi ho inseguito come se fosse un sogno irraggiungibile la pretesa di avere una vita eccezionale. In realtà è già eccezionale questa mia vita. Per questo stasera scelgo di riappropriarmi di ogni parte di me. Anche quelle che credevo perdute. E mi rimetto in viaggio anche io “con la mente sgombra, come una pagina bianca, per poter ricevere meglio ogni nuova emozione”, come scrive e dice, il mio caro amico che domani partirà. Auguro a lui, così come auguro a me di continuare a vivere la vita così, con intensità, nel bene e nel male. E di poter essere ogni giorno una pagina bianca per non smettere mai di sentire dentro di me, come sento ora, una fiducia infinita. Quella fiducia che fin dal principio mi ha salvata e che sempre mi salverà.
Per adesso e per l'incanto.
Stanotte io danzo.
Un pezzo di cielo grigio.
Ho dormito 11 ore. Non capitava da circa un anno. Mi sono svegliata gonfia di sonno e mi sento come Atlante: costretta da divinità ingiuste (o dalla sfiga decidete voi son stanca di spiegare il perché non credo nella sfiga) a sostenere un cielo carico di pioggia. Anche se non credo nella sfiga oggi mi sento comunque immersa in un fiume di nebbia nera come la pece. Capirò al momento giusto con chi o con cosa me la dovrò prendere. In questo bisogno estremo di onestà oggi mi permetto però di iniziare a chiedermi perché sto maledetto tempo sembra sempre far durare tutto troppo poco. È durata troppo poco quella fortuna lì. Quella incredibile sensazione di casa. È durata giusto il tempo necessario per aprire un cerchio argentato e poi lasciarlo lì così, incompiuto e con un instrinseco viscerale bisogno di compiersi. E Prima o poi anche questo cerchio andrà chiuso. Gli eventi dipingeranno l’altra metà della circonferenza.
Ieri invece per un giorno siamo stati pradroni del tempo. All’interno di un teatro abbiamo avuto la meravigliosa possibilità di premere a piacimento il tasto play, rewind, forward. E ognuno se l’è gestito un po’ come voleva quel tempo. C’è chi come me stava disteso sugli spalti rimanendo in contatto con il proprio cuore. C’è chi sempre come me ha messo un po’ il muso. C’è chi si è raccontato, c’è chi ha bevuto e chi ha mangiato, c’è chi ha suonato la chitarra e chi ha finto di dirigere il traffico. C’era il violino e il violoncello e c’era tra di noi quell’immagine che resta. E questo potere ce l’ha dato la mia stella speciale che continua a lasciare ovunque la sua scia come se nulla fosse mai successo. Ci siamo sedute su un divano giallo illuminato dai fari e ci siamo riappropriate di ogni prezioso momento trascorso con lei facendo finta di bere vino scadente. E per un attimo ci siamo dimenticate del microfono che invadeva il nostro spazio. Siamo rimaste solo noi. Con la nostra amica unica e le sue fotografie, con le risate e una profonda malinconia.
Sarà il tempo, saranno le resistenze che iniziano a sciogliersi dalla testa fino ai piedi, sarà il blocco del traffico e gli zoccoli dei cavalli che riecheggiano di nuovo in Via Po. Oggi ogni sfumatura è intrisa di malinconia. Me la coccolo un po’ questa sensazione. La accarezzo e la accolgo con generosità per poterla poi trasformare in qualcos’altro.
E magari la trasformerò stanotte, quando tornerò a teatro e rimarranno solo i miei occhi e un foglio bianco da riempire. E a quel punto, come Atlante forse potrò liberarmi di un pezzo di questo cielo grigio.
Dialogo tra fratelli.
“Ogni sette anni tutto muore e tutto rinasce. Ogni 3 anni si innesca il cambiamento. Ogni 7 giorni passiamo ad una fase successiva. Ok, passiamo ad una fase successiva i 7 anni li abbiamo appena superati. Tutto è già rinato. Passiamo ad una fase che si basa su un’incredibile scoperta. Ma dove vai? A chiudere la finestra. Non ti muovere per cortesia. Ascoltami. Ok…Dicevo…Amare non è ricevere dall’esterno una conferma. Perché ciò che arriva dall’esterno è fragile e volubile e ambiguo come un’immagine riflessa in uno specchio. In uno specchio ti vedi giovane, nell’altro vecchio. In uno ti vedi magro e nell’altoro grasso. Beh io ti vedo in forma! Ti ringrazio, anche io ti vedo in forma ma non dobbiamo rispecchiarci l’uno nell’altro dobbiamo guardarci dentro. Lì c’è tutto. Quindi? Parti da te stessa. Pensa a te e basta. Va bene…Guardati dentro. Cosa c’è lì? Forza. C’è paura? Stasera ce n’è molta di meno. Ho distrutto tutto un’altra volta. Oggi ho perso, sofferto, lasciato andare, stracciato, calpestato... Si sembravi l’Aida in effetti…mancava solo il coro. E ho fatto tutto da sola. Perché? Perché era la soluzione più semplice e immediata. Quale? Mettere il punto. È questa la tua incredibile scoperta amica mia. Mettere il punto era la soluzione più semplice. È sempre la soluzione più semplice perché da sola te la sai cavare benissimo. È vero. Sono passata oltre, sì, ma non ho messo un punto. Ho semplicemente capito che l’amore è un’altra cosa. L’amore se c’è te lo porti dentro e basta. Senza fatica. Aggiunge e non toglie nulla. È questa la tua scelta? Sì. Scelgo di non mentire a me stessa. E scelgo di stare bene. E cosa farai ora? Nulla. Smetterò di aspettare. Continuerò a vivere la mia vita e a pensare alla mia vita, accettando serenamente il fatto che c’è dentro di me qualcosa in più e che mi porterà nel posto migliore per me, qualunque esso sia. E per quanto tempo te lo porterai dentro? E chi lo sa. Non è questo il punto. L’importante è non farmi più la guerra. Sei più tranquilla ora? Si decisamente. Guardiamo Dexter? Guardiamo Dexter… Vino? Vino…Senti ma…Shhh! Che? Basta parlare non c’è più niente da dire sai benissimo come stanno le cose, stai serena. Ok…Cin. Cin. Fratello? Dimmi…Grazie che mi sopporti…È un piacere amica. L’Aida non la voglio più vedere però ok? Ufff…okkei…La traviata? Solo se mi fai fare il coro. Andata.”
Qualcuno che canta. Qualcuno che suona.
Oggi mi sento stanca. Nonostante questa notte io sia finalmente riuscita a dormire 6 ore di fila senza interruzioni. Forse per spirito di sopravvivenza. Forse perché la Nini si è stancata anche lei di cantare contro la luna. Forse perché ho messo in ordine la mia casa. Forse perché invece di leggere prima di dormire ho deciso di guardarmi una puntata di Dexter o perché la vicina di casa ha ricominciato a suonare il suo violino. Forse perché inizio come i gatti a ritrovare la posizione giusta per atterrare bene. Avrò pochi secondi per farlo. Per girarmi su me stessa e ritrovare l'equilibrio. E quando l'avrò ritrovato inizierò a correre. Finché non avrò smesso di crederci come ci credo ora.
Un nuovo tempo.
È tutto nuovo. È qualcosa che mi porto addosso e che mi accompagna senza schiacciarmi. È qualcosa di estremamente sicuro. Un piccolo posto dentro di me dove posso rifugiarmi quando mi spavento. È sotto i miei piedi più agili. È in uno sguardo più fermo e forte. È una verdura nuova che scelgo al supermercato e che mi fa sorridere mentre la compro. Sono queste incredibili mani calde. È il mio essere estremamente presente. È tutto nuovo e tutto diverso. È la scelta di vivere questo momento con il sorriso e non come un problema. Si sta bene in questo nuovo posto dentro di me. È un luogo sincero. Spero che rimanga così.
Sweet and divine
Razor of mine.
Vieni così come sei.
Con ogni tua macchia. Con la tua insicurezza. Vieni con la tua storia e le tue rivoluzioni. Accettati in ogni sfumatura. Non dire niente se non hai bisogno di nulla. Chiedi, quando hai bisogno di una mano sul cuore. Lasciati sollevare. Lasciati stancare. Vieni così come sei, con gli occhi rossi e la testa spettinata. Raccogli le calze per terra, se ti danno fastidio e lasciale lì se vuoi prolungare il ricordo di un momento. Abbassa per un attimo lo sguardo se ti senti in imbarazzo e risollevalo appena ritrovi il coraggio. Lasciati abbracciare se non riesci a dormire. Fai quello che hai sempre fatto. Non nasconderti. Ma rivelati giorno per giorno e in ogni movimento. Accetta di continuare a crescere. Vieni così come sei. Continuando a sentirti libera. Continua a camminare senza fare rumore, in punta dei piedi e a illuminarti all’improvviso solo per chi vuoi tu. Continua a sentirti così. Profondamente felice di tutto quello che c’è e che c’è stato. E tutto andrà nel modo migliore per te. Vieni così come sei, continuando a danzare.
La Nini è diventata signorina oggi. C’è aria di primavera in questa casa.
Che c'importa del mondo.
Non cammino, rotolo, avvolta in una sottile bolla di sapone. Basta niente per farla scoppiare, eppure è ancora intorno a me. Rimbomba tutto qui dentro. E i pensieri rimbalzano e si sovrappongono come candele che fondendosi perdono la loro identità.
Mi pulisco gli occhi per cercare di vederci meglio. E ti vedo. Sei proprio ad un passo da me. Solo che sei troppo occupato a guardarmi e non ti accorgi che basterebbe sfiorarmi per far scomparire questa bolla.
E non è un’illusione è realtà. Solo che a volte ci vuole un po’ di coraggio per rompere un equilibrio.
Per un attimo tutto si ferma. Lo strato di sapone mette a tacere le convinzioni accumulate nei cocci dell’esperienza, convinzioni che tutto regolano e tutto decidono. La mia vista non è mai stata così nitida.
Sono seduta a tavola. Con la punta delle dita gioco con le briciole di pane che si incastrano tra le fessure della tovaglia ricamata. Un messaggero mi presta attenzione per un attimo. So che ogni minuto è prezioso. E che questa è un’occasione che non so quando potrà ripetersi. Me la devo giocare bene questa possibilità.
Per questo smetto di parlare. Per questo smetto di lottare e ascolto il mio messaggero perdendomi nei suoi occhi azzurri e neutri come la verità.
E per un attimo capisco tutto. Non importa quale decisione prenderò. Qualunque tappeto deciderò di alzare, qualunque armadio deciderò di aprire, se è lì che devo arrivare, in un modo o nell’altro ci arriverò. Prima o dopo. Soffrendo o godendo. Lottando o semplicemente lasciandomi andare.
Il messaggero ha finito. La bolla ricomincia a muoversi senza armonia e senza direzione.
Ora sono più forte delle voci che rimbombano dentro di me. Ora ho capito. Ora so che questa bolla si romperà. Perché so dove voglio andare.
Con tutta me stessa mi oriento in quella direzione.
Con gli occhi, con il naso, con le mani , con le orecchie.
Solo il sorriso rimane buio. È il sorriso di chi sa che può perdere tutto.
E di chi lo mette in conto, senza mai tirarsi indietro.
Mi oriento nella mia direzione con tutta me stessa.
E scopro che è la stessa che stai seguendo tu.
E improvvisamente la bolla evapora.
Mille goccioline si disperdono nel cielo,
catturando tutti i colori delle nostre convinzioni, prima di scomparire per sempre.
In due è più semplice seguire la propria direzione.
E solo la direzione potrà tenerci uniti.
Volo, voliamo, voliamoci addosso, qualunque cosa sia.
Capelli di Luna.
Quella dove a lungo aveva atteso.
Sapeva che non avrebbe rincorso.
Questa volta. Non avrebbe lottato.
La panchina è sempre la stessa.
Gli occhi bagnati.
Ora però ha i capelli grigi.
La pelle di terra.
Ogni ruga una storia.
Un passo.
Una vita.
E lei, le ama tutte. Quelle tracce preziose.
Fra i capelli d'argento raccolti sulla nuca
Si è fermato un petalo caduto.
E lei lo sa.
Non le importa. È la sfumatura di disordine
E le appartiene.
Sorride. Dolcezza malinconica.
Gli occhi. Il viso. Il sapore. L'odore.
Per lei tutto continua a vivere.
Nitido intenso ricordo.
Ora è tutto giusto. Tutto perfetto così com'è.
Così com'è stato.
Abbassa gli occhi prima persi nei ricordi.
Lentamente apre la mano fine appoggiata sul grembo.
La guarda. Si, c'è ogni nome tra le pieghe della pelle.
Ogni carezza, ogni parola.
C'è ogni incontro, ogni lacrima ed ogni sorriso.
Ma se l'avesse saputo prima,
Che sapore avrebbe avuto tutto quanto..?
Richiude le mano e la avvicina al cuore.
E sorride. Completamente felice.
Perché la sua mano è fatta di momenti,
Che non potrà dimenticare.
Dimmi solo una cosa.
Stringo gli occhi. Li stringo per bene. Perché bruciano per il freddo, bruciano per l'alcool, bruciano perché c'è qualcosa di eterno nell'aria, qualcosa che mi fa vibrare i polpastrelli delle dita come fossero fisarmoniche. Che pensi? In realtà penso ad un sacco di cose. E sono tutte stupide e sono tutte un salto nel futuro o nel passato. E in mezzo a tutte queste stupidaggini mi viene in mente che l'unica cosa vera è che la pelle è molto più intelligente della testa. E quella è l'unica cosa che dico. Voglio godermi un istante per quello che è. In silenzio e con gli occhi che bruciano come le mani che si scongelano quando entri all'improvviso in un posto caldo dopo aver attraversato il freddo. E fanno sempre un po' male le mani quando si scongelano all'improvviso. Anche tu dici solo una cosa. Non so più niente. Nemmeno io lo so. E forse è per quello che siamo qui, così, all'improvviso, alla sprovvista, senza nemmeno avere avuto il tempo di iniziare ad avere paura. Mi sveglio con il cuore in gola. Tutto è ancora lì. Esattamente dove l'avevo lasciato. Gli stivali per terra in mezzo al corridoio. Il gatto in un sacchetto di carta abbandonato. Una bustina di moment aperta sulla scrivania. Gli occhi continuano a bruciare e mi viene da pensare che la cosa più reale delle ultime ore è stato il rumore degli zoccoli dei cavalli che rimbombavano in via Po. Mi alzo dal letto, ricomincio a vivere, con un attimo di eternità in più sotto i piedi con cui radicarmi meglio a questa terra.