Attività mentale che si svolge grazie al cielo solo durante il sonno, caratterizzata da impressioni visive degne di una tragedia greca, sensazioni e pensieri non coordinati tra loro logicamente ma esprimenti tutte le parti di me, anche quelle che non sopporto. Voci, quelle che ho chiuso in un cassetto così profondo che si apre solo quando dormo. Ermytage è la fase in cui il cassetto si apre e le immagini vengono liberate. Di Anna Ponti.
Questioni di responsabilità.
La lampada di Biancaneve.
Ho preso una scossa. Ho provato ad attaccare la spina di una lampada ad una presa all’interno di una casa vecchia, in montagna, di quelle che sanno di muschio e di brace, dove batuffoli di polvere si accumulano negli angoli e dove si nascondono oggetti che ricordano la strega di Biancaneve. La polvere mi entrava negli occhi e l’aria asciutta mi faceva pizzicare il naso. M;a ero affascinata da quella lampada a forma di candela. Sembrava proprio una di quelle candele bianche lunghe che una volta accese creano gocce di cera perfette. Mi piaceva così tanto quella candela perfetta che mi è venuta voglia di accenderla, sperando di vedere la cera sciogliersi e di poterci pucciare la punta delle dita per creare sottili sfoglie bianche con sopra impresse le linee delle mie impronte digitali . La presa era difettosa e mi sono presa una scossa. Sembrava proprio una scena da cartone animato tipo Tom&Jerry. Mi sono immaginata trasparente con le ossa dello scheletro fosforescenti. Non credo di essere diventata trasparente ma sicuramente mi sono venuti i capelli dritti e pure un gran mal di testa. Quella casa apparteneva ad una mia compagna delle elementari che aveva deciso di portarmi n vacanza con lei e la sua famiglia. Da bambina ossessionata dalla volontà di essere perfetta, come le gocce di cera, mi sono vergognata moltissimo per il fatto di aver voluto, senza permesso, inserire la spina di una lampada in una presa e per questo non ho detto nulla a nessuno.
Quattro occhi.
Domani parte un amico per un lungo viaggio. Un viaggio a Katmandu, lungo 5 mesi. In realtà il suo non è un semplice viaggio. E lui non è un semplice amico. È una parte di me. La parte di me che ho amato di più. A volte la vita ti rende un po’ impermeabile. Ti fa sentire di meno. Stasera le coincidenze della vita ci hanno fatto ritrovare di nuovo per un momento, rapido come un sorso, con gli occhi umidi. E nei nostri occhi c’era davvero tutto quanto. L’amore che abbiamo vissuto, le cose che abbiamo imparato, le persone che ci sono state e che non ci sono più e quest’ultimo mese così incredibilmente, emotivamente, impegnativo. Nei nostri silenzi c’era tutta la fretta che abbiamo sempre avuto di mangiarci la vita. Una fretta che è pericolosa. È la fretta di chi osa. E chi osa mette in conto la la fine di tutto. Noi due ci siamo persi per colpa di quella fretta. O forse semplicemente ognuno ha continuato a camminare per la propria strada. La vita a volte separa. A volte riunisce. La vita è rendersi conto che in realtà non ci si perde mai. Ora mi rendo conto di non aver mai perso nulla. Non faccio e non ho fatto altro, che alimentare ogni giorno, con ogni mio respiro e ogni mio gesto l’intensità racchiusa nel mio cuore. Fino ad oggi ho inseguito come se fosse un sogno irraggiungibile la pretesa di avere una vita eccezionale. In realtà è già eccezionale questa mia vita. Per questo stasera scelgo di riappropriarmi di ogni parte di me. Anche quelle che credevo perdute. E mi rimetto in viaggio anche io “con la mente sgombra, come una pagina bianca, per poter ricevere meglio ogni nuova emozione”, come scrive e dice, il mio caro amico che domani partirà. Auguro a lui, così come auguro a me di continuare a vivere la vita così, con intensità, nel bene e nel male. E di poter essere ogni giorno una pagina bianca per non smettere mai di sentire dentro di me, come sento ora, una fiducia infinita. Quella fiducia che fin dal principio mi ha salvata e che sempre mi salverà.