Una guerra e mille colori.

La settimana scorsa per la prima volta ho sperimentato fino in fondo cosa voglia dire provare dolore nel vedere i propri ideali calpestati. Chi ha più anni, cultura ed esperienza di me sapeva già come sarebbero andate le cose. Nella mia ingenuità e mancanza di esperienza non sono riuscita a rendermi conto dello stato reale delle cose. Non sono riuscita a guardare oltre il mio giardinetto abbastanza in tempo da proteggermi dalla sofferenza provata nel focalizzare all’improvviso un panorama arido, duro e povero come quello che mi si è così clamorosamente palesato difronte. Strano parlare di sofferenza oggi come oggi, quando si parla di “semplici” ideali. Sarà strano ma per quanto mi riguarda non posso utilizzare nessun’altra parola. E mi sono anche messa profondamente in discussione. E nel mettermi in discussione ho capito di aver tralasciato delle questioni importanti, perché mi parevano ovvie, come ad esempio il fatto che diventiamo davvero padroni e responsabili del nostro giardinetto solo dopo aver guardato cosa c’è nel mondo. E che possiamo definirci padroni di un giardino, solo quando ci riferiamo a quei meravigliosi pezzi di terra conquistati, giorno dopo giorno, confronto dopo confornto, coltivando il seme della nostra libertà. E non parlo solo di libertà di pensiero parlo di libertà di esistere. Dentro sento di essere libera di esistere. Fuori di me c’è e ci sarà ancora per tanto tempo una grande guerra. La mia personale guerra in difesa dei miei ideali. Perché se oggi abbandono con i lacrimoni la pretesa di poter cambiare le cose, non smetto e non smetterò mai, di fare in modo che esse non mi cambino. Per questo continuerò a indossare mille colori. Semplicemente perché continuerò a viverli.