Una strana parola: Umanità.

Siamo immersi in un fiume di informazioni, parole, foto, video, immagini, contenuti, blog, siti, status su facebook, twitterate, forum, chat. Le cose più semplici in un secondo diventano banali. Abbiamo l’ansia di perderci in questo mare dove tutto sembra appiattirsi, uniformarsi, come una macchia di denso petrolio che si allarga mangiando tutto ciò che incontra. Per questo a volte preferiamo stare zitti, cercando di mantenere un giudizio, critico, esclusivo, controcorrente, nei confronti della realtà. Ci informiamo, approfondiamo senza troppa fatica qualunque argomento ci interessi, seduti davanti al nostro computer con il viso sempre più corrucciato e un numero infinito di rughe sulla fronte. Tutto questo ha i suoi lati positivi. Chi sceglie di non perdersi nell’oceano della massa, sceglie di lottare per mantenere una mente indipendente. Esistono però dei lati negativi. Perché in questa lotta per l’individualismo in realtà smettiamo anche noi di essere liberi. Perché iniziamo a vergognarci di utilizzare parole che ormai ci sembrano banali e prive di significato come “pace” e “umanità”. Pensiamo che menzionare termini come “amore”, al di fuori di un contesto più approfondito, sia stupido e sintomo di ignoranza. Rimanere colpiti dalla morte di Vittorio Arrigoni non significa dichiararsi “pacifisti”. Non credo di essere minimamente in grado di giudicare questo fatto da un punto di vista politico, sociale, storico. Non ci provo nemmeno anche se mi piacerebbe capire. Mi colpisce quella che Arrigoni chiama, giustamente la perdita della propria umanità. Perché so che può succedere. Perché mantenere la propria umanità quando si nasce nella violenza, nel sangue, nel dolore, nella perdita, nella paura, circondati da odio, buio, fuoco, armi, rabbia, pelle squarciata, bruciata, martoriata, è impossibile o troppo pericoloso. Arrigoni non era un santo. Era una persona che per qualche motivo che noi non possiamo davvero conoscere, ha deciso di camminare sulla striscia della morte. Questo non stupisce nessuno. Rimanere colpiti da quella violenza senza speranza, senza uno spiraglio di luce, questo sì è importante. È il sintomo della nostra umanità e non dobbiamo darlo per scontato anche se abbiamo la fortuna di vivere lontani da quell’inferno in cui la vita ha sempre meno valore. Nessuna parola rimarrà davvero vuota, anche se viene utilizzata da miliardi di persone, se nel momento in cui la pronunciamo il nostro cuore riesce a provarne il significato. Dico amore se provo amore. Dico dolore se provo dolore. Dico rabbia quando provo un’infinita rabbia nel vedere quanto poco spazio lasciamo all’espressione delle nostre emozioni. Dico paura quando mi fa paura vedere che non abbiamo più nemmeno il coraggio di scegliere di stare con il nostro cuore. Queste sì, sono briciole di umanità, della nostra umanità, che senza che ce ne rendiamo conto, perdiamo inesorabilmente per strada. E dico mi dispiace per Arrigoni. Mi spiace che sia morto e che abbia sofferto. Tutto qui. Non credo nella pace nel mondo ma ogni volta che posso, scelgo e sceglierò la parola "pace".