Cioccolato sulla guancia.

Scusa... hai del cioccolato sulla guancia.

E va beh, non mi sembra grave, evidentemente ho ricevuto un bacio da qualcuno che aveva appena bevuto una cioccolata calda, e come biasimarlo, con questo tempo.

Stasera sento il bisogno di cose vere. Come una macchia di cioccolato su una guancia. Bisogno di quelle cose lì, assolutamente imperfette e fuori posto che a qualcuno possono anche dare fastidio ma che fanno comunque parte della vita. Ecco, sì della vita. E hanno sempre un odore particolare le cose della vita.

Non che le altre non le fossero...bah non lo so è tutto abbastanza relativo se ci penso bene...ad esempio era tutto vero quando ho chiesto a mia sorella se era sicura di voler salire sulla mia macchina visto che era piena di spazzatura, che volendo un barbone avrebbe potuto viverci essendoci dentro ancora le tende e i sacchi a pelo delle mie compagne di viaggio di quest'estate e che c'erano pure i fazzoletti per pulire il sederino dei bambini.

Quando mia sorella è salita sulla macchina e ha visto incastrati sotto il freno a mano i fazzoletti per pulire il sederino dei bambini non ci voleva credere.

Mi ha detto ma è vero cavolo pensavo fosse una battuta. Io non sono mai stata molto brava a fare le battute. Forse è per quello che faccio tanti danni. Per poterci ridere su visto che non riesco a fare tante battute.

Ad ogni modo ho bisogno di cose vere come il fatto di pulire la cacca dei bambini. Che vi assicuro, per chi non avesse mai avuto la fortuna di veder cambiare un pannolino, non è una cosa tanto bella da vedere, eppure allo stesso tempo è abbastanza commovente. Pure per me me che sono così cinica che la mia più cara amica ha avuto l'altro giorno il coraggio di dirmi: Anna io non ti vedo proprio nei panni di una mamma. Beh nemmeno io se è per questo.

Solo che quando te lo senti dire, da chi ti conosce così bene, è diverso. È diverso perchè tante volte diciamo le cose ciniche solo perché in realtà le vorremmo tantissimo. In questo caso no. Non vorrei essere mamma e chi mi conosce bene non mi vede bene a fare la mamma. Perfetto. Per una volta l'apparenza rispecchia la sostanza. Ciò non toglie che quando me lo sono sentita dire mi ha fatto un effetto totalmente diverso rispetto a quando lo dico io.

E questo bisogno di verità nasce da un sacco di cose.

La prima è che da un mese e mezzo mi è cambiata la vita e che mentre la stavo cambiando io ho sentito il bisogno di dire a chi stavo lasciando, un sacco di parole. E che ho capito che tutte quelle parole erano assolutamente prive di senso visto che me ne stavo andando. E in quel momento ho scoperto per la prima volta, che a volte, le parole sono davvero inutili, e mi è pure venuta una sorta di rifiuto nei confronti di certe parole.

La seconda cosa è che un mese e mezzo fa contemporaneamente al non avere più internet a casa e al non avere nemmeno la televisione ho scoperto lost. E mi sono guardata 4 serie di lost in un mese. E ho raggiunto dei tali livelli di alienazione che quando passava il tram in via po e tremava il pavimento pensavo fosse il mostro nero di lost.

E allora ho pensato che fosse giunto il momento di riallacciare i contatti con la realtà.

Stasera per la prima volta ho guardato di nuovo il telegiornale.

C'è un problema. Tra virus che si modificano, madri brasiliane che piangono nel monolocale sgualfo del figlio assassinato scoperto trans, ragazze americane sospettate di omicidio dipinte come creature che guardano la realtà con gli occhi colmi della purezza di un bambino, alluvioni in Liguria e operatori telefonici visionari....beh è stato come guardare una puntata di lost.

E ora mi sento un pò confusa.

E penso che ci siano poche certezze nella mia vita.

Oltre ad una macchia di cioccolato sulla guancia e dei fazzoletti per pulire il sederino dei bambini nella macchina.

E che intendo tenermele strette queste poche certezze. Per quanto imperfette.


Buon Sashimi a tutti.

Non lo so…c’è qualcosa in me che non va…uno spirito di ribellione che forse tanto bene non va. Lo sa bene mia sorella dopo avermi vista all’aeroporto di Madrid insultare i poliziotti per una bottiglia di tequila. Che detto così sembra molto puerto escondido ma in realtà è tutta un’altra storia molto più tipo sette anni in tibet se devo dirla tutta. È quella storia di quel viaggio lì che ho fatto in Messico dove ho lasciato il cuore. Dove ho provato qualsiasi tipo di emozione sia possibile forse provare. Ansia, allegria, divertimento, paura, felicità, misiticismo, lutto, amore. Perché in tre settimane in messico c’è stato un po’ di tutto. Per cui in quella bottiglia di tequila non c’era la tequila per me c’era tutto (oltre al fatto che non era una bottiglia di tequila, ma due bottiglie di tequila più una di mezcal da regalare agli amici ovviamente). Fatto sta che arrivata lì al check-in a Madrid dopo un viaggio iniziato giusto 24 ore prima, quei poliziotti mi hanno confiscato le bottiglie sigillate dentro un sacchetto del duty-free di Città del Messico. E io non ci ho più visto. Perché avevo comprato tutto apposta al duty-free di Città del Messico per non avere problemi visto che nello zaino non ci stava più nulla. Poi voglio dire, dopo tutto quel tempo passato in Messico il mio spagnolo era anche tornato abbastanza scorrevole. Abbastanza scorrevole da farmi portar via a forza da mia sorella prima che mi portassero da qualche altra parte. Devo dire che un anno fa piuttosto che tornare a Torino mi sarei anche fatta portare da un’altra parte ma ad ogni modo, dopo essermi fatta portare via da mia sorella ho cercato di calmarmi e per calmarmi ho pensato di bermi una cocacola. E una volta arrivata al bar due, tre, un piano sopra il ceck-in, non lo so più ho ricordi confusi di quell’aereoporto lì di Madrid, con l’aria un po’ sconvolta tipo sette anni in Tibet, mi sono accorta di aver lasciato lo zaino dai poliziotti. Tre, due, un piano sotto. E per fortuna mia sorella ha deciso di accompagnarmi e sono tornata da quei poliziotti che mi avevano preso le mie bottiglie e che avevo insultato nel mio spagnolo ringiovanito dopo quel viaggio in Messico e con aria da pecorella smarrita tipo sette anni in Tibet ho chiesto notizie del mio zaino. Per fortuna c’era stato il cambio della guardia per cui mi hanno portato nello sgabuzzino dove ritirano le cose confiscate e mi hanno ridato il mio zaino mentre io cercavo le mie bottiglie. Non le ho più riviste le mie bottiglie però mi sono poi bevuta una cocacola rischiando di perdere la coincidenza per tornare a Torino.

Ad ogni modo ogni tanto mi prende questo spirito irriverente e non ci posso fare nulla. Tipo l’altra sera c’avevo un appuntamento alle sette per un aperitivo. Solo che sono rimasta bloccata in ufficio perché dovevo chiudere un lavoro e ho finito il lavoro alle 9. E allora sono uscita dall’ufficio alle nove e c’avevo una fame incredibile e sono arrivata con la macchina in piazza vittorio e ho visto che c’erano i carabinieri che fermavano per fare i controlli per l’alcool. E ho pensato mah guarda spero che mi fermino così li prendo un po’ in giro visto che non ho bevuto nulla e sto per svenire dalla fame. Solo che non mi hanno fermata nonostante la sgommata. E poi non trovavo parcheggio ed ero stanca e affamata e un po’ stufa per cui in via Po il semaforo è diventato rosso e io non c’avevo voglia di aspettare per cui ho pensato va beh passo col rosso. Per fortuna all’ultimo mi sono accorta che c’erano i carabinieri al semaforo nel senso opposto al mio per cui ho inchiodato di nuovo con una sgommata. Perché a quel punto mi avrebbero fermata sì. E non avrei mica potuto prenderli più di tanto in giro. E poi ci sono di quelle serate tipo ieri sera al regio che c’era un concerto che è stato proprio un gran concerto di Sakamoto. E visto che i biglietti costavano poco c’era un sacco di gente, c’era tutta la gente che vuole farsi vedere in quelle occasioni lì. E io mi ero vestita super bene, ma non per quella serata lì ma perché quando vado al regio una volta ogni morte di papa penso, ma si dai per una volta mi vesto tutta elegante che mi piace una volta ogni tanto vestirmi elegante. E il concerto è stato una roba fighissima e forse mi hanno ipnotizzata tanto che ad un certo punto stavo per buttarmi giù. Volevo camminare su quelle teste mezze illuminate dalla luce del proiettore e buttarmi giù e raggiungere sakamoto per poi superarlo e sfondare lo sfondo dove proiettavano tutte quelle robe che mi stavano facendo andare fuori di cervello. E finito quel concerto ad un certo punto è mi sembrato di sentire qualcuno urlare “tofuuuuu”. E non ci ho più visto perché non lo so ero un po’ irriverente e un po’ ipnotizzata per cui ho pensato che effettivamente non so il giapponese se non per il sushi e che per me urlare sushi ad un giapponese è un gran complimento e allora mi sono messa a urlare “susshiiiiiii, nighiriiiiiiiiiiii”. Un po’ come urlare “bravooooooooo, grandeeeeee”. Il tono era quello e quelle parole erano le uniche parole che conoscevo in giapponese.

Il mio compagno di concerto e pure abbastanza di vita non era molto della mia stessa idea. E forse nemmeno i miei vicini di poltrona. E forse volevo solo essere un po’ irriverente. Ma il concerto mi è piaciuto davvero un sacco. Tanto che per la prima volta da un sacco di tempo mi sono ritrovata lì a pensare cavolo che fortuna che son qui. E alla fine devo dire che la mia irriverenza è roba da poco, ma quando ce n'è un pò anche solo un pizzico, vuol dire che sto bene. Perché vuol dire che sto vivendo un sacco di cose. Ed effettivamente negli ultimi due mesi ho provato un sacco di cose, ho provato un po’ di tutto in realtà. Ansia, allegria, divertimento, paura, felicità, misiticismo, lutto, Amore. E visto che sono stufa di metterle nel mal di schiena quelle robe lì che sento alla fine finisco per metterle da un'altra parte. In un buon sushi ad esempio. Per cui buon sahimi. Buon nighiri a tutti.