Mele dalla finestra.

Se poi la soluzione non arriva puoi sempre lanciare le mele dalla finestra.

Mele marce. Non dobbiamo sprecare nulla. Anzi mezze mele marce. La metà buona ce la teniamo e magari ci facciamo un altro tortino. Un tortino improvvisato con la scorza di limone tagliata a cubetti piccoli piccoli con il coltello perché la grattugia è andata a nascondersi in fondo al frigo dietro barattoli vuoti di marmellata fatta in casa e olive che cercano di fare capolino da uno spesso strato grigio di muffa. La grattugia è rimasta lì e il limone a cubetti è finito insieme ad un minuscolo pezzo di guscio d'uovo nell'impasto per il tortino fatto con la mezza mela buona. Per questo oggi prendo la mezza mela marcia e la lancio con violenza fuori dalla finestra dell'ufficio. Ma ho le braccia troppo piccole nonostante le casse d'acqua che mi trascino fino al quarto piano ed è per questo che la mela non riesce a superare il cancello del dannato borgo valentino che va salvato e si va a schiantare su una macchina. Manco la soddisfazione di superare il recinto del cantiere eterno e già condannato dal quartiere. Ci sono ancora un paio di mele da lanciare. Prima però devo aspettare che marcisca almeno il primo quartino. La grattugia è ancora dov'era. Mi è passata la voglia di tirarla fuori quando il gatto è riuscito ad aprirsi il frigo e ha tirato giù dall'ultimo ripiano un pezzo di pecorino e dopo averlo scartato se l'è mangiato. Il pecorino. Il Dio pecorino che non manca mai in casa mia. Il gatto si è mangiato il mio pecorino. E se non gli do l'activia tutte le mattine diventa isterico e mi azzanna. Ho un gatto drogato di latticini. Se tiro fuori la grattugia ho paura di tornare a casa e di ritrovarmelo davanti ad un piatto di maccheroni cacio e pepe. Meglio lasciarla lì insieme alle olive ammuffite perché anche le olive creano dipendenza. Credo ricordino un non so quale tipo di ferormone felino che li fa impazzire. Oggi però c'è il sole per questo va tutto meglio. In pausa pranzo ho inseguito come sempre un attimo di solitudine e sono andata al valentino che per ora è salvo e mi sono seduta sul prato a prendere il sole. Si stava da Dio. Non volevo più andare via. Poi ho iniziato guardarmi intorno e all'improvviso mi è sembrato tutto finto. Tutti finti. Tante macchiette tutte uguali con voci impostate e sguardi vuoti. Allora mi sono distesa e ho iniziato a guardare il cielo e ho visto le nuvole muoversi. Ho tirato un sospiro di sollievo e ho pensato. Ok. Sono viva. Va tutto bene.

Ora vado a mangiarmi l'ultimo quartino di mela. Il quartino buono però.

Ricomincio dalla fine.

Perché non scrivi? Perché mi manca il finale. In che senso? Non puoi iniziare a scrivere e basta? No. Non posso scrivere senza il finale. Ma che ne sai magari inizi a scrivere e poi una parola dopo l’altra per forza ad una conclusione ci arrivi.

Si per forza fosse anche solo quella di lasciar perdere. Come dici tu, la soluzione, probabilmente, arriverà da sola, senza che nemmeno io abbia bisono di sforzarmi per raggiungerla. Sarà una semplice conseguenza di tutto ciò che viene prima. Ma se quando cominci non hai in mente un obiettivo da raggiungere, chiaro, limpido, brillante come la macchia che si crea sullo schermo del computer quando viene colpito da un raggio di sole troppo forte, che qualità credi che possano avere le parole che scegli per arrivarci?

La vita funziona allo stesso modo. Puoi lasciarti vivere, trascinato da obiettivi che in realtà non ti appartengono, oppure puoi sforzarti di capire quello che vuoi davvero. E iniziare ad orientare tutto te stesso in quella direzione. Puoi permettere a quel raggio di sole di prendersi tutto lo spazio che vuole, al posto di correre a chiudere le tende.

Forse questi ultimi mesi sono serviti proprio a questo. A farmi capire meglio quello che voglio davvero e a lasciare un’altra volta la finestra aperta.

Forse è per questo che oggi, a denti stretti, mi ritrovo a dire Voglio con tutta questa lentezza e questa sete.

"Voglio.

Voglio sentire il sapore delle spezie nell’aria e provare il desiderio di pucciarci la punta della lingua. Voglio raccogliere frutti maturi dopo essermi fatta male, dopo aver corso senza maniche sotto una fitta tenda di grandine. Voglio lasciare che il succo di quei frutti mi scorra tra le dita e condividere quelle gocce di vita con qualcuno capace di apprezzarle. Voglio rimanere per un attimo seduta su una sdraio che non ho, ad ascoltare i rumori della strada dal balcone che ho e sentirmi soddisfatta, di me stessa e di quello che provo. Voglio poter fare della mia storia il mio tesoro e voglio dirlo senza paura di essere giudicata. Voglio mangiare carne e pesce in compagnia, con olio buono e basilico fresco. Voglio leggere e studiare di più. Voglio sapere di più. Voglio fumare di meno. Voglio trasformare la mia profondità in emozioni capaci di lluminare i miei occhi e quelli di chi li guarda, sempre. Non una volta al mese. Voglio ascoltare una storia vera e iniziare a farne parte. Voglio rimanere coerente con me stessa e ritrovarmi un giorno a pensare “ho fatto bene”. Voglio di nuovo un’avventura. Voglio scoprire una musica nuova e percussioni capaci di dare un nuovo ritmo alla mia vita. Voglio trovare il coraggio di riascoltare la musica di tutto quello che non c’è più, per poter ricominciare a sentire. Voglio sedermi per terra e ritrovarmi per caso spettatrice di un'opera d'arte. Voglio un sentimento, voglio più coraggio, voglio più calore. Voglio ricominciare a camminare per strada sorridendo, certa di stare per ricevere un regalo. Voglio una vita in cui “odiare” non debba essere la parola più piacevole da pronunciare".

Voglio questo finale, con tutta me stessa e lo voglio come punto di partenza.