Questioni di responsabilità.

Ok. Per una sera smetto di essere Pollianna. Per una sera diamo la parola a quell’altra parte di me, l'altra inquilina. Sono ciò che credo di essere. Non vedo il mondo rosa perché mi sono sempre stati regalati solo fiori. Così come non scelgo di essere ottimista perché ho sempre avuto la vita facile. Ho avuto una vita e un’infanzia difficile come quella di tanti. Ho sofferto più o come tanti altri (lungi da me giudicare la dimensione dei dolori e delle fatiche altrui) e mi risulta estremamente difficile dover sempre ostentare sofferenza per rendere più credibile il mio modo di vedere la vita. Non ho più così tanta voglia di dover descrivere il perché oggi sono come sono. Ma sta di fatto che ciò che sono e che scelgo oggi me lo sono conquistata lottando ogni secondo. E ne vado fiera e l’ho già detto fin troppe volte. E sono stufa. Sono stufa di avere a che fare con persone che non fanno altro che piangersi addosso. Sono stufa di vivere in un paese in cui nessuno ha il coraggio, o la voglia, di lottare, sono stufa di questa totale morte e mancanza di ideali e di chi pensa di poter avere tutto senza mai rinunciare a nulla (per lo meno nelle intenzioni) e senza mai esporsi. Se non posso essere sempre Pollianna sicuramente cercherò di essere il più a lungo possibile idealista. E per me è inconcepibile accettare frasi come “sono fatto/a così” o come “destra o sinistra è la stessa cosa”. È vero forse sono la stessa cosa. È vero, viviamo in un paese di merda. È vero, parlo da una condizione, comunque, privilegiata. Ed è vero, è difficile cambiare il nostro modo di essere e i meccanismi che regolano le nostre relazioni quotidiane. Ma è possibile. E in questa merda che come dice il mio alter ego (giustamente) ci riempie la bocca, abbiamo due alternative: continuare a nuotare annichiliti dal fetore in cui siamo nati e cresciuti, oppure provare a cambiare le cose. Cambiare le cose non vuol dire credere nell’impossibile. Per me cambiare le cose vuole dire credere nel proprio piccolo “Possibile”. Il nostro piccolo giardinetto. E il mio giardinetto non è fatto di buonismo e nemmeno di volontariato. Il mio giardinetto è fatto di studio, presa di consapevolezza, confronto, odio e perdono, fatica, morte, rinascita e scelta, lavoro, allontanamento e riconciliazione. Mettersi in discussione e scegliere. Soprattutto scegliere. Abbandonarsi al destino, allo stato delle cose, al proprio modo “problematico” di essere è la strada più semplice. Non facciamo altro che sguazzare nei nostri finti equilibri e nelle nostre disgrazie riempiendoci la bocca di cultura incompresa, di cinismo e di psicologia da quattro soldi. Fanculo al cinismo, all’essere passivi e all’essere codardi. Sì sono buona, sono ottimista, sono idealista, sono “pura”. Perché sono fatta così ma soprattutto perché ho scelto di esserlo. E di farmi rispettare per quello che sono piuttosto che per quello che potevo fingere di essere. E tutto questo non lo faccio per il bene del mondo. Lo faccio per me stessa e per il valore che do alla vita. E per il valore che do a me stessa e alla vita le condizioni dell’Italia oggi non sono altro che lo specchio di un paese da troppo tempo in balìa delle paure, dell’ignoranza e di una distorta visione delle cose. Forse anche la mia visione è distorta ed errata e non sufficientemente argomentata. Ma credo che sia comunque meglio una visone distorta ma basata su ideali “positivi” e costruttivi, piuttosto che una visione che non fa altro che confermare tutto ciò che a gran voce diciamo di odiare e rifiutare. Coerenza. Un po’ di coraggio, di fatica e di errori, sì, ma per lo meno di coerenza. Questo è quello che vorrei vedere intorno a me. In queste parole esprimo tutta la mia rabbia nei confornti di questioni sia pubbliche che private. Perché credo che solo provando a migliorare il nostro “privato” forse riusciremo a vedere un po’ di luce nel pubblico. Siamo responsabili di noi stessi. Solo di questo. E ciò che ci circonda e come lo viviamo è la conseguenza di questa responsabilità. E su questo per lo meno posso andare a dormire tranquilla. Quello che oggi mi circonda più da vicino, le persone con cui oggi condivido davvero qualcosa, mi piacciono. Con alcune c’è più affinità e sintonia (alcune iniziano a leggermi nel pensiero...) con altre magari meno, con altre ancora si creano veri e propri conflitti che mi aiutano a crescere, ma di base, ritengo ogni persona preziosa per ciò che è e per quello che mi può dare. Il piccolo mondo in cui oggi mi trovo in un modo o nell'altro mi rappresenta. E mi piace. E per questo ho la presunzione di pensare che evidentemente il mio modo di vedere le cose non sia proprio del tutto sbagliato. Detto questo. Ad ognuno la propria scelta. E ad ognuno la responsabilità delle conseguenze delle proprie scelte. Perché ogni azione ha una conseguenza. Nel mio piccolo cercherò di prendermela sempre di più questa responsabilità nei confronti di me stessa. È l'unica cosa che sono libera e che sarò sempre libera di fare. Risolvere le mie questioni e condividere le mie soluzioni. E allora mi domando: quale può essere la conseguenza della scelta di votare la lega? E soprattutto e ho quasi paura a chiederlo: che razza di giardinetto e proprio piccolo "Possibile" sta coltivando, ogni giorno, chi oggi ha scelto di votare la lega? Provate a sbirciare un attimo in tutti i giardinetti che si nascondo dietro quei voti. Scostate le foglie e provate a guardare un pò più da vicino la terra da cui nascono tutti quei fili d'erba. Sono sicura che scoprirete che è lì che si nascondono e strisciano tutti i parassiti, i bacilli e i germi di questo paese malato. Se non riusciamo a vederli, se non riusciamo a distinguere una terra davvero sana da una malata, vuol dire che forse iniziamo ad essere un pò malati anche noi.

La lampada di Biancaneve.

Ho preso una scossa. Ho provato ad attaccare la spina di una lampada ad una presa all’interno di una casa vecchia, in montagna, di quelle che sanno di muschio e di brace, dove batuffoli di polvere si accumulano negli angoli e dove si nascondono oggetti che ricordano la strega di Biancaneve. La polvere mi entrava negli occhi e l’aria asciutta mi faceva pizzicare il naso. M;a ero affascinata da quella lampada a forma di candela. Sembrava proprio una di quelle candele bianche lunghe che una volta accese creano gocce di cera perfette. Mi piaceva così tanto quella candela perfetta che mi è venuta voglia di accenderla, sperando di vedere la cera sciogliersi e di poterci pucciare la punta delle dita per creare sottili sfoglie bianche con sopra impresse le linee delle mie impronte digitali . La presa era difettosa e mi sono presa una scossa. Sembrava proprio una scena da cartone animato tipo Tom&Jerry. Mi sono immaginata trasparente con le ossa dello scheletro fosforescenti. Non credo di essere diventata trasparente ma sicuramente mi sono venuti i capelli dritti e pure un gran mal di testa. Quella casa apparteneva ad una mia compagna delle elementari che aveva deciso di portarmi n vacanza con lei e la sua famiglia. Da bambina ossessionata dalla volontà di essere perfetta, come le gocce di cera, mi sono vergognata moltissimo per il fatto di aver voluto, senza permesso, inserire la spina di una lampada in una presa e per questo non ho detto nulla a nessuno.

Sono corsa giù per le scale con i capelli dritti e ho fatto finta di niente. Ho nascosto per bene anche il mio mal di testa e nessuno ha notato il pallore causato dal mio spavento. Ne sono cambiate di cose da allora. Ad esempio ho imparato a dire “ahia!” quando mi faccio male e a perdonarmi con serenità quando mi capita di sbagliare. Di solito però ahia lo dico quando il dolore è già passato, quando ho già smesso di aver bisogno di aiuto, di una carezza o di un semplice abbraccio. Ho trovato e sperimentato diversi modi per esprimere il dolore e devo dire che le persone che mi conoscono e che mi vogliono bene davvero hanno imparato a riconoscerli tutti. Nell’ultimo anno ho preso un’altra scossa. In realtà sono state tante scosse che una sommata all’altra hanno creato un vero e proprio corto circuito. Anche in questo caso, qualcuno se n’è accorto qualcun altro invece no. Sicuramente me ne sono accorta io, quando ho smesso di ridere e quando ho smesso di correre. Allora la scossa mi aveva insegnato a non giocare con le prese e mi aveva fatto capire che le raccomandazioni dei genitori non erano poi tutte false. Le ultime scosse invece mi hanno insegnato qualcosa di più. Mi hanno insegnato a credere di più in me stessa e mi hanno fatto capire che anche se a volte rimaniamo elettrizzati dalla vita questo non fa che renderci più belli. Oggi mi sento di nuovo padrona del mio sguardo e fiera delle mie insicurezze. E tutte queste scosse non hanno fatto altro che rianimare un cuore in letargo, un cuore che si è risvegliato con una nuova pretesa, quella di voler sorridere e di voler giocare di più. Per questo oggi sorrido e gioco con la vita, regalando un libro ad uno sconosciuto e aprendomi, finalmente senza paura a nuovi sentimenti. E ancora una volta mi commuovo nel rivedermi bambina e mi abbraccio con tutta la forza che ho, sapendo che l’acqua che scorre in ogni parte di me mi porterà ad essere sempre più libera e che in questa incredibile ricerca la vita continuerà a farmi prendere piccole o grandi scosse per riportarmi nella direzione giusta.

Quattro occhi.

Domani parte un amico per un lungo viaggio. Un viaggio a Katmandu, lungo 5 mesi. In realtà il suo non è un semplice viaggio. E lui non è un semplice amico. È una parte di me. La parte di me che ho amato di più. A volte la vita ti rende un po’ impermeabile. Ti fa sentire di meno. Stasera le coincidenze della vita ci hanno fatto ritrovare di nuovo per un momento, rapido come un sorso, con gli occhi umidi. E nei nostri occhi c’era davvero tutto quanto. L’amore che abbiamo vissuto, le cose che abbiamo imparato, le persone che ci sono state e che non ci sono più e quest’ultimo mese così incredibilmente, emotivamente, impegnativo. Nei nostri silenzi c’era tutta la fretta che abbiamo sempre avuto di mangiarci la vita. Una fretta che è pericolosa. È la fretta di chi osa. E chi osa mette in conto la la fine di tutto. Noi due ci siamo persi per colpa di quella fretta. O forse semplicemente ognuno ha continuato a camminare per la propria strada. La vita a volte separa. A volte riunisce. La vita è rendersi conto che in realtà non ci si perde mai. Ora mi rendo conto di non aver mai perso nulla. Non faccio e non ho fatto altro, che alimentare ogni giorno, con ogni mio respiro e ogni mio gesto l’intensità racchiusa nel mio cuore. Fino ad oggi ho inseguito come se fosse un sogno irraggiungibile la pretesa di avere una vita eccezionale. In realtà è già eccezionale questa mia vita. Per questo stasera scelgo di riappropriarmi di ogni parte di me. Anche quelle che credevo perdute. E mi rimetto in viaggio anche io “con la mente sgombra, come una pagina bianca, per poter ricevere meglio ogni nuova emozione”, come scrive e dice, il mio caro amico che domani partirà. Auguro a lui, così come auguro a me di continuare a vivere la vita così, con intensità, nel bene e nel male. E di poter essere ogni giorno una pagina bianca per non smettere mai di sentire dentro di me, come sento ora, una fiducia infinita. Quella fiducia che fin dal principio mi ha salvata e che sempre mi salverà.

In bocca al lupo viaggiatore. Che i nostri quattro occhi possano continuare a cercare nel mondo le tracce di ciò che siamo davvero.

Per adesso e per l'incanto.

Abbiamo la spada in mano. Quando ci si incontra e ci si cerca è sempre così. Una danza intelligente e sottile. Un passo indietro ed un passo avanti. Per capire se si è ad armi pari, oppure no. Non c’è chi vince o chi perde. L’unica vittoria è essere ad armi pari. Ora ho deposto le mie armi. Non abbiamo vinto. Abbiamo perso. Ho perso anche io. Rimangono tante cose però. A volte basta un secondo condiviso per innescare una trasformazione. Quell’attimo c’è stato. Un attimo in cui sono stata esattamente dove volevo essere. Un attimo in cui sono stata veramente presente. Ringrazio quell’attimo. L’orchestra non suonerà per noi fili d’erba. Ma finalmente io mi sono perdonata. E ho capito che non è questione di tempo ma di tempismo. E il tempismo a modo suo è sempre perfetto. E ora riesco a leggere il senso che si nascondeva dietro questi eventi. Ho perso la casa un’altra volta. Ritorno ad essere nomade. Ma con un tesoro in più nella borsa. Ho capito di non aver più paura. E l’ho capito nel momento in cui mi sono sentita veramente disposta a rinunciare a tutto questo spazio solo mio. E ci rinuncerò a tutto questo spazio, ma lo farò al momento giusto. Per chi mai deciderà di volersi perdonare, come finalmente ho fatto con me stessa. Lo farò quando mi ritroverò dopo la danza, ad armi pari. E insieme deporremo i coltelli a terra e ci prenderemo per mano. E tra quelle due mani scorrerà in un istante tutta la vita che c’è, senza bisogno di parole per dirlo.

Stanotte io danzo.

Per tutte le volte che ho cantato. Per tutte le persone che ho incrociato e con cui per caso ho risuonato. Per ogni occasione persa. Per ogni occasione colta. Per ogni volta in cui ho avuto fiducia. Per ogni passeggiata da sola. Per ogni passeggiata condivisa. Per tutti i violini che ho preso a braccetto. Per ogni volto che ho osservato. E per ogni volto che ho scelto. Per chi ho amato. Per chi è partito e per chi è tornato. Per ogni bivio. Per tutti i momenti in cui sono stata esattamente dove volevo essere. E per tutti i momenti in cui ci sarò. Per la terra tra le dita. Per la sabbia nella borsa. Per ogni mercato ad un passo da casa. Per ogni mercato in cui ho sudato. Per ogni notte insonne. E per ogni sonno ritrovato. Per ogni musica. E per ogni fotografia. Per ogni inizio e per ogni fine.Per ogni volta in cui ho brillato. Per ogni anello che ho perso. Per tutti gli anelli che non ho comprato. Per ogni anello che mi hanno regalato. Per tutti i fogli che ho scritto. Per tutte le volte che ho avuto voglia di scrivere. Per ogni errore. Per ogni problema e per tutte le soluzioni. Per ogni scelta che ho fatto. Per ogni giudizio. Per ogni partito preso. E per tutti i partiti che ho abbandonato. Per ogni fantasia. E per ogni gelosia. Per ogni sogno. Per tutte le novità. Per ogni paura. Per ogni coincidenza. Per tutte le coincidenze che non esistono. Per ogni cambiamento. Per ogni profilo. Per tutto quel che sarà. Per me. Per noi.