Nel corso del tempo ho imparato a dire “mai dire mai”. Una sorta di motto che amo ripetermi perché il mio inconscio non si dimentichi di lasciarmi libera. Questo perché da sempre una parte di me tende inesorabilmente ad aggrapparsi alle abitudini e un’altra parte ha invece un viscerale bisogno di continui cambiamenti. Normalmente le abitudini finiscono per deprimermi e i cambiamenti, nonostante la splendida dose di adrenalina che mi regalano, mi rendono insonne. A settembre ho ripreso una brutta abitudine, usare la macchina per andare a lavorare. La macchina, rispetto alla bicicletta è un potentissimo portatore malsano di quotidianità. Percorsi sempre uguali, la radio sintonizzata sempre sullo stesso canale, l’occhio sempre puntato sui minuti che scorrono. Il percorso che faccio la sera per tornare a casa mi angoscia particolarmente. Perché è lì, al fondo di corso Massimo che 4 mesi fa si è aperto il mio debito con l’universo.
Una sera di novembre mi sono infatti fermata come sempre al semaforo e buttando un occhio sul bordo della strada ho visto 10 euro per terra. Con l’aria furtiva come una ladra e rapida come una gazzella ho aperto la portiera, ho afferrato famelica i 10 euro, sono risalita in macchina e sono ripartita sgommando. Ho iniziato a sentirmi in colpa un minuto dopo. Sì, perché al fondo di quel semaforo normalmente c’era un peruviano claudicante al quale non ho mai dato nemmeno un centesimo. Lo vedevo avvicinarsi sofferente alla mia macchina e io continuavo a guardare dritto per non lasciarmi impietosire. Una presenza costante che si è volatilizzata dalla mia vita proprio quel giorno in cui ho trovato quei 10 euro. Ho subito pensato “ora sono in debito con l’universo di 10 euro, prima o poi mi verrà chiesto di estinguerlo. Devo darli il prima possibile al peruviano”. Da quel giorno non l’ho più visto e il mio senso di debito ha continuato a crescere trasformandosi in una spece di spada di damocle pronta a trafiggermi da un momento all’altro.
Al posto del peruviano claudicante è poi comparso il peruviano delle rose. Un peruviano piccolo piccolo con due braccia lunghissime, una testa minuscola, un mazzo di rose in mano e un sorriso dolce come il marzapane. Una quotidiana presenza angosciante che ho sempre cercato di ignorare senza riuscirci.
Ieri sera, dopo una giornata all’insegna della bestemmia mi fermo al semaforo e decido che è arrivato il momento di riscattarmi dai miei peccati. Presa da un attimo di irrefrenabile entusiasmo apro il portafogli pronta ad estinguere il mio debito, mi accorgo di avere solo 5 euro e decido di darglieli comunque. Non lo estinguo ma almeno lo dimezzo! Ho pensato.
Il piccolo rosario si avvicina pronto a ricevere da parte mia il solito sofferente no dimostrato con un sottomesso cenno del capo. Invece lo guardo, sorrido, tiro giù il finestrino, gli do i miei ultimi 5 euro, mi commuovo per la sua gratitudine, ricevo in cambio tre fantastiche minuscole rose, le macchine dietro di me iniziano a suonare perché nel frattempo il semaforo è diventato verde ed io riparto sgommando, colma di un’immenso, profondissimo amore nei confronti dell’universo intero. Ecco, ho pensato, ora tutto andrà meglio, rosario è felice, io sono felice, la spada ora è solo più uno spadino e il mio cuore ha ricominciato a sorridere. Oh meraviglia delle meraviglie, la vita è proprio una magia, una catena di attimi perfetti e indimenticabili.
Arrivo vicino a casa e incredibilmente trovo parcheggio proprio sotto il portone. Ecco, la catena di conseguenze buone è già iniziata! Decido di andare a comprare qualcosa al supermercato. Sono distutta, non vedo l’ora di essere a casa ma muoio di fame e in frigo non c’è nulla. Cammino a fatica barcollando sui miei tacchi consumati, raggiungo il supermercato, riempio il cestino, arrivo alla cassa metto la mano nella borsa e mi accorgo di aver lasciato il portafogli in macchina. Eh già, penso, l’ho tirato fuori prima per estinguere il debito. Avviso la cassiera e le dico che corro a prendere il portafogli e torno. Cammino a fatica fino alla macchina, prendo il portafogli, cammino di nuovo fino al supermercato, la cassiera mi guarda e mi dice “sono 11 euro e 21 cara”. Io mi ricordo di aver finito i soldi e le dico che devo pagare con il bancomat “eh no cara! Non puoi! Abbiamo già fatto lo scontrino devi andare a prelevare”. Esco dal supermercato, cammino a fatica fino al primo bancomat, aspetto ben 15 minuti perché una signora chiusa dentro il gabbiotto aveva forse deciso di farsi la pedicure, riesco finalmente a ritirare, cammino a fatica fino al supermercato e do 50 euro alla cassiera. La cassiera mi dà il resto. Guardo bene le banconote e vedo che mi ha dato ben 30 euro in più. “Signora guardi che mi ha dato troppo!”. Le restituisco i soldi, prendo la mia spesa, mi trascino fino alla macchina sotto casa, prendo il resto della mia roba e vedo le rose: va beh dai, non mi compro mai i fiori ora per riprendermi vado su e le metto in un bel vaso. Arrivo fin su e mi accorgo di aver perso le rose per strada.
La prossima volta che trovo 10 euro magari mi vado a bere un prosecco.
Attività mentale che si svolge grazie al cielo solo durante il sonno, caratterizzata da impressioni visive degne di una tragedia greca, sensazioni e pensieri non coordinati tra loro logicamente ma esprimenti tutte le parti di me, anche quelle che non sopporto. Voci, quelle che ho chiuso in un cassetto così profondo che si apre solo quando dormo. Ermytage è la fase in cui il cassetto si apre e le immagini vengono liberate. Di Anna Ponti.
La Patente di guida dieci anni dopo.
10 Febbraio 2001.
Sono in macchina. Attaccato alla ventola dell’aria c’è un deodorante alla vaniglia che vorrebbe coprire l’odore dei ragazzi che hanno guidato prima di me. Il risultato è un tanfo acido e nauseante. Mi sembra di essere nella seconda classe del regionale Torino – Milano. Oggi proprio non ce la faccio. Non riesco a rimanere concentrata. Mi sento fragile come lo strato di caramello della crema catalana e mi sembra tutto troppo difficile. Di fianco a me c’è un istruttore di guida con cui non avevo mai fatto lezione prima. È giovane, ha i capelli tagliati a spazzola, le guance scavate e gli zigomi a punta come lo spigolo del letto dei miei genitori dove continuo a sbattere il mignolo del piede. Ho un'unghia nera da 4 mesi. Dicono che ci voglia un anno perché ricresca completamente. La guarigione a volte è un percorso lungo che richiede moltissima pazienza e una speranza di ferro. Oggi è andata così: mi è capitato l’istruttore sbagliato nella giornata peggiore. Mister spazzola mi parla a stento e in malo modo. Mi agito. Non riesco ad ingranare la terza. Mister spazzola inizia ad innervosirsi. Io mi agito ancora di più. La macchina si spegne. Le auto dietro di noi iniziano a suonare. Mister spazzola mi urla addosso. Io comincio a piangere. In silenzio. Le lacrime scendono lungo le mie guance mentre con piccoli lentissimi gesti cerco di mantenere l’ultima briciola di controllo che mi è rimasta.
La perdo nel momento in cui una lacrima invece di scendere rimane lì, ad annacquare il mio occhio destro. Mi si annebbia la vista.
Due giorni dopo ho dato l’esame di pratica per prendere la patente.
10 febbraio 2011.
Sono seduta sulla panchina dell’area di attesa dell’ACI. Fra due giorni mi scade la patente. Di fianco a me c’è un ragazzino con una costellazione di brufoli della giovinezza sulle guance e un libro di letteratura greca sulle ginocchia. Suona un cellulare. Il ragazzino risponde - ciao papà, sono all’Aci devo prenotare la lezione di guida - fa leggermente fatica a trovare le parole come se avesse qualcosa da nascondere e riconosco molto bene quell’opprimente perenne ingiustificato senso di colpa - il compito - mah credevo fosse andato benissimo in realtà poi ho scoperto di aver sbagliato un po’ di cose….comunque credo abbastanza bene - ora che ha sputato il rospo sembra più tranquillo - quando tornate? - a 18 anni è sempre una festa quando i genitori partono ed è fondamentale conoscere bene l’ora del loro ritorno per mettere la casa in ordine - ah ok , si, va bene, a domani allora, ciao - Il ragazzino torna a leggere il suo libro di letteratura Greca sottolineato già due volte, una con un evidenziatore giallo e l’altra con una penna nera. Mi tornano in mente Mister spazzola, la patente che sono poi riuscita a prendere senza troppi problemi nonostante quel problemino con la terza e la guarigione che è poi arrivata. Penso al mio sguardo che si rompeva non appena qualcuno mi manifestava un accenno di rabbia e penso a quanto spesso io sia cresciuta proprio grazie a loro. Penso al mio cuore e a tutta la strada che ha dovuto fare per sciogliere lo strato di ghiaccio che lo ricopriva e penso a come ogni fase della vita sia speciale per quello che è, se vissuta intensamente e con coraggio. Anche questa nuova fase è speciale. La fase in cui sono diventata grande, più forte e finalmente capace di amare e lasciarmi amare. Oggi la vita non mi fa più paura e la rabbia...beh la rabbia la manifesto in diversi modi, ad esempio sognando incredibili vulcani in eruzione in Valle d'Aosta.
Il suono del pannello elettronico mi strappa dai miei pensieri. È il mio turno e mi sento felice.
Sono in macchina. Attaccato alla ventola dell’aria c’è un deodorante alla vaniglia che vorrebbe coprire l’odore dei ragazzi che hanno guidato prima di me. Il risultato è un tanfo acido e nauseante. Mi sembra di essere nella seconda classe del regionale Torino – Milano. Oggi proprio non ce la faccio. Non riesco a rimanere concentrata. Mi sento fragile come lo strato di caramello della crema catalana e mi sembra tutto troppo difficile. Di fianco a me c’è un istruttore di guida con cui non avevo mai fatto lezione prima. È giovane, ha i capelli tagliati a spazzola, le guance scavate e gli zigomi a punta come lo spigolo del letto dei miei genitori dove continuo a sbattere il mignolo del piede. Ho un'unghia nera da 4 mesi. Dicono che ci voglia un anno perché ricresca completamente. La guarigione a volte è un percorso lungo che richiede moltissima pazienza e una speranza di ferro. Oggi è andata così: mi è capitato l’istruttore sbagliato nella giornata peggiore. Mister spazzola mi parla a stento e in malo modo. Mi agito. Non riesco ad ingranare la terza. Mister spazzola inizia ad innervosirsi. Io mi agito ancora di più. La macchina si spegne. Le auto dietro di noi iniziano a suonare. Mister spazzola mi urla addosso. Io comincio a piangere. In silenzio. Le lacrime scendono lungo le mie guance mentre con piccoli lentissimi gesti cerco di mantenere l’ultima briciola di controllo che mi è rimasta.
La perdo nel momento in cui una lacrima invece di scendere rimane lì, ad annacquare il mio occhio destro. Mi si annebbia la vista.
Due giorni dopo ho dato l’esame di pratica per prendere la patente.
10 febbraio 2011.
Sono seduta sulla panchina dell’area di attesa dell’ACI. Fra due giorni mi scade la patente. Di fianco a me c’è un ragazzino con una costellazione di brufoli della giovinezza sulle guance e un libro di letteratura greca sulle ginocchia. Suona un cellulare. Il ragazzino risponde - ciao papà, sono all’Aci devo prenotare la lezione di guida - fa leggermente fatica a trovare le parole come se avesse qualcosa da nascondere e riconosco molto bene quell’opprimente perenne ingiustificato senso di colpa - il compito - mah credevo fosse andato benissimo in realtà poi ho scoperto di aver sbagliato un po’ di cose….comunque credo abbastanza bene - ora che ha sputato il rospo sembra più tranquillo - quando tornate? - a 18 anni è sempre una festa quando i genitori partono ed è fondamentale conoscere bene l’ora del loro ritorno per mettere la casa in ordine - ah ok , si, va bene, a domani allora, ciao - Il ragazzino torna a leggere il suo libro di letteratura Greca sottolineato già due volte, una con un evidenziatore giallo e l’altra con una penna nera. Mi tornano in mente Mister spazzola, la patente che sono poi riuscita a prendere senza troppi problemi nonostante quel problemino con la terza e la guarigione che è poi arrivata. Penso al mio sguardo che si rompeva non appena qualcuno mi manifestava un accenno di rabbia e penso a quanto spesso io sia cresciuta proprio grazie a loro. Penso al mio cuore e a tutta la strada che ha dovuto fare per sciogliere lo strato di ghiaccio che lo ricopriva e penso a come ogni fase della vita sia speciale per quello che è, se vissuta intensamente e con coraggio. Anche questa nuova fase è speciale. La fase in cui sono diventata grande, più forte e finalmente capace di amare e lasciarmi amare. Oggi la vita non mi fa più paura e la rabbia...beh la rabbia la manifesto in diversi modi, ad esempio sognando incredibili vulcani in eruzione in Valle d'Aosta.
Il suono del pannello elettronico mi strappa dai miei pensieri. È il mio turno e mi sento felice.
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