Vecchio scarpone.

Alla ricerca della mia poesia.

A volte la chiave è vivere il presente.

A volte il presente è la chiave per capire quello che viene prima.

E in questo mio presente mi osservo.

Con quella lente nitida che nasce dall’aver abbandonato tutto.

Per poter andare oltre.

Guardo in basso, di nuovo, la punta dei miei piedi.

Piedi coperti da stivali logori, eppure splendidi.

Come gli anni.

Calpesto pietre nuove, raccolgo scontrini diversi, non trovo più fototessere abbandonate.

Ma mi chiamano per noleggiare una macchina per le fototessere.

E io non so cosa rispondere.

Io osservo il volto.

Non chi l’ha creato.

Non riesco a buttare via, questo vecchio scarpone.

Fa parte di me.

Perché la strada più importante l’abbiamo fatta insieme.

Le mete più grandi le abbiamo conquistate insieme.

Perché quando hai condiviso così tanto.

Quando hai condiviso tutto.

È impossibile abbandonare.

Si può solo conservare. Per sempre.

In uno scarpone logoro.

Riparato più volte.

E tornato logoro.

Eppure splendido.

Ed è così.

Osservando, ancora,

la punta dei miei piedi.

Che inseguo la poesia che ho perso.

Inseguo la pelle che ho morso.

Inseguo quello che ero. E ciò che sono.

E ciò che sono mi rincorre.

E la mia mano inizia a tremare.

Trema. Non importa.

Vuol dire che è viva.

Trema. Non importa vuol dire che ama.

Ama la vita.

Ama un vecchio scarpone.

Nessun commento: