Un pezzo di cielo grigio.

Ho dormito 11 ore. Non capitava da circa un anno. Mi sono svegliata gonfia di sonno e mi sento come Atlante: costretta da divinità ingiuste (o dalla sfiga decidete voi son stanca di spiegare il perché non credo nella sfiga) a sostenere un cielo carico di pioggia. Anche se non credo nella sfiga oggi mi sento comunque immersa in un fiume di nebbia nera come la pece. Capirò al momento giusto con chi o con cosa me la dovrò prendere. In questo bisogno estremo di onestà oggi mi permetto però di iniziare a chiedermi perché sto maledetto tempo sembra sempre far durare tutto troppo poco. È durata troppo poco quella fortuna lì. Quella incredibile sensazione di casa. È durata giusto il tempo necessario per aprire un cerchio argentato e poi lasciarlo lì così, incompiuto e con un instrinseco viscerale bisogno di compiersi. E Prima o poi anche questo cerchio andrà chiuso. Gli eventi dipingeranno l’altra metà della circonferenza.

Ieri invece per un giorno siamo stati pradroni del tempo. All’interno di un teatro abbiamo avuto la meravigliosa possibilità di premere a piacimento il tasto play, rewind, forward. E ognuno se l’è gestito un po’ come voleva quel tempo. C’è chi come me stava disteso sugli spalti rimanendo in contatto con il proprio cuore. C’è chi sempre come me ha messo un po’ il muso. C’è chi si è raccontato, c’è chi ha bevuto e chi ha mangiato, c’è chi ha suonato la chitarra e chi ha finto di dirigere il traffico. C’era il violino e il violoncello e c’era tra di noi quell’immagine che resta. E questo potere ce l’ha dato la mia stella speciale che continua a lasciare ovunque la sua scia come se nulla fosse mai successo. Ci siamo sedute su un divano giallo illuminato dai fari e ci siamo riappropriate di ogni prezioso momento trascorso con lei facendo finta di bere vino scadente. E per un attimo ci siamo dimenticate del microfono che invadeva il nostro spazio. Siamo rimaste solo noi. Con la nostra amica unica e le sue fotografie, con le risate e una profonda malinconia.

Sarà il tempo, saranno le resistenze che iniziano a sciogliersi dalla testa fino ai piedi, sarà il blocco del traffico e gli zoccoli dei cavalli che riecheggiano di nuovo in Via Po. Oggi ogni sfumatura è intrisa di malinconia. Me la coccolo un po’ questa sensazione. La accarezzo e la accolgo con generosità per poterla poi trasformare in qualcos’altro.

E magari la trasformerò stanotte, quando tornerò a teatro e rimarranno solo i miei occhi e un foglio bianco da riempire. E a quel punto, come Atlante forse potrò liberarmi di un pezzo di questo cielo grigio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Una meraviglia come sempre Ermy. Buttalo via questo pezzo di cielo grigio, subito!