A Better place to Hide.

Cavolo. Stasera mi sono ritrovata a cena con una ragazza. C’erano anche un sacco di altre persone ma io ho cenato con una ragazza. Nel senso che c’era lei, e che è lei (per quella solita storia là che sono strana…) che ha dato un senso alla mia serata. Si perché c’è poco da fare, arrivati ad un certo punto persino i murazzi diventano banali. Per carità, ci fossero ancora certe persone non lo sarebbero banali. Perché c’erano una volta “persone” che riuscivano a rendere straordinario qualsiasi posto. E soprattutto qualsiasi persona. Cavolo. Dovrei dirlo  prima o poi ai Perturbazione. Si perché questa sera quando pensavo al senso della mia serata mi è arrivato un messaggio che mi parlava dei Perturbazione. E ripensando ai Perturbazione penso a quella serata in macchina mentre lei mi cantava i Perturbazione e penso come da quel giorno i Perturbazione siano diventati una costante speciale della mia vita. E penso che prima o poi lo racconterò, dei Perturbazione e di quella serata. Sarà per questo che oggi faccio fatica ad ascoltarli i Perturbazione. Li ascolto Pianissimo fortissimo, perché la vita a volte va fortissimo e ora sta andando troppo forte e appena rallenta un attimo mi sento svenire per lo scompenso. E stasera una ragazza ha dato un senso alla mia serata e a tante altre cose. I need. I need a better place to hide. Credo di averla ascoltata 400 volte in un solo giorno questa frase di quella canzone là. Tanto che ad un certo punto le mie colleghe credevano di avermi persa. Si perché dal di fuori anche io avrei pensato lo stesso. Da dietro, con i capelli lunghi lunghi non più ricci perché il lavoro me li ha stirati, con le cuffie che nessuno vedeva, mentre ascoltavo con un volume esagerato “i need. I need a better place to hide. I need to know. I need to know tonight” e nel frattempo mi massaggiavo le mani per cercare di fare assorbire la crema che tutti i giorni appena arrivata in ufficio mi metto sulle  mani perchè sono distrutte per colpa dei detersivi, si perché non uso i guanti a casa quando lavo i piatti, perché i guanti non riesco a capire perchè si riempiono d’acqua sul fondo delle dita e quando li infilo oltre ad una spiacevole sensazione umidiccia mi lasciano addosso un’orribile puzza di marcio che per toglierla mi devo rilavare le mani con il sapone per i piatti. Ad ogni modo io avevo la musica altissima nascosta dai capelli lunghissimi e mi massaggiavo fortissimo la crema sulle mani  cercando un posto migliore dove nascondermi e non rispondendo ad una mia collega che mi stava parlando da due minuti hanno creduto di avermi persa. E con quell’avermi persa intendevano probabilmente è andata. Caput. Si è cimita. Un po’ come una novantenne. Ed è il semplice fatto che l’abbiano pensato anche solo per un secondo che credo dovrebbe preoccuparmi. Ma ora preferisco non chiederemelo e ritorno alla ragazza con cui ho cenato questa sera. E ai Perturbazione. E al fatto che “i need. I need to know tonight” quello che devo fare per arrivare dove voglio arrivare. E se c’è qualcuno, da qualche parte che in questo momento mi sta pensando e che sta pensando alle stesse cose che penso io, allora qualcun altro, oltre alla ragazza con cui ho cenato questa sera e ai Perturbazione e alla mia ossessione sul trovare “a better place to Hide”, sta dando un senso a questa mia serata e a tutto questo: al fatto che ci credo, che tutti i sogni per cui sto lottando, che ogni sentimento su cui mi sto impuntando, siano possibili da realizzare. Basta crederci e stasera ci credo. E mi nascondo un attimo qui, finché non trovo un posto migliore, quello di quelle due braccia là, che sognerò stanotte, che mi stringono e mi tengono al riparo per un attimo dal resto del mondo.

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