Il risotto e la sostanza.


Anche io ho i miei difetti. Il primo, il più difficile da comprendere è accettare il fatto che ogni tanto io abbia bisogno di farmi i fatti miei. Forse pare strano, che a volte io non abbia voglia di chiacchierare, di andare a prendere il caffè in due, di andare a fare la spesa in due, di andare in farmacia in due. Soprattutto sono sempre stata assolutamente incapace di parlare tanto per farlo. Sostenere una di quelle conversazioni che tanto piacciono alle donne su smalto, vestiti, cucina, o spettegolare con la schermata di facebook sotto gli occhi rappresenta per me una vera e propria tortura. Divento così insofferente che oltre ad entrare immediatamente in standby, non guardo chi mi sta parlando e mi metto a fare altro. È più forte di me. Forse il mio cinismo sta raggiungendo dei livelli che non credevo possibili, ma negli ultimi giorni ho un pensiero ricorrente: la vita è breve e il mio tempo lo voglio sfruttare per conoscere e scoprire ed evolvere attraverso esperienze di qualità, profonde nel bene e nel male. Che sia una risata o un pianto pretendo che sia intenso, vero, qualcosa che ripensandoci il giorno dopo o anni dopo consideri meritevole di aggiudicarsi il titolo di “ricordo”. Il tempo. Ho una strana ansia nei confronti del tempo. Mi sento in dovere di non perdere tempo. Di non sedermi se c’è un problema e di cambiare le cose quando non vanno come vorrei. Per lo meno sapere di averci provato. Non esiste per me la frase “eh va beh io sono fatta così”. Eh va beh se sei fatto male datti da fare per vivere meglio e di più. E soprattutto smettila di lasciarti vivere. Non sopporto chi si piange addosso.

Ed è per questo che ormai, alcuni momenti liberi della mia giornata si sono trasformati in un perenne tentativo di fuga da discorsi noiosi e da chi perennemente sulla difensiva per ragioni che non ho nemmeno voglia di approfondire, trasforma quello che potrebbe essere uno piacevole scambio in un inutile gioco di ruolo. Non che io non abbia le mie forme di difesa. Ma le mie, credo di poterlo affermare con certezza, non rompono le palle a nessuno se non a me stessa. Non sopporto chi si prende troppo sul serio, su questioni che non sono davvero serie, chi ha paura di fare per un attimo il coglione per paura di essere considerato coglione e basta. Non sopporto chi cita nomi di scrittori, poeti, registi, libri, giornalisti, specialisti, enigmisti, ogni due parole e quando deve metterci un po’ di sostanza propria il foglio rimane vuoto. Che senso ha conoscere a memoria tanti nomi se poi non riesci a formulare un pensiero tuo? Se ho voglia di fare la stupida per vivere un attimo di spensieratezza lo faccio, senza paura di essere considerata stupida davvero….o forse il punto è che non mi pongo proprio il problema.
Ma ritornando ai miei momenti di pausa…
Oggi si parlava di risotto. Le giovanissime appena andate via dalla casa di papà e mamma per avventurarsi in una quiete convivenza con i fidanzati, affascinate dal fatto di potersi finalmente dedicare alla fedele riproduzione del ruolo di casalinghe imparato dalle proprie madri, mi raccontano per filo e per segno le appassionanti avventure/sventure di risotti riusciti male a causa di un inaspettato ritardo degli ospiti. Alla parola risotto mi è già scattata l’insofferenza. Aspetto il momento giusto per non sentirmi dire “vengo anche io” e scappo sotto il sole. Da sola, sorridente, felice. E mi rendo conto che spesso c’è già abbastanza rumore inutile nella mia testa e non ne voglio altro. E da sola posso mettermi a leggere, posso scrivere, posso guardare un film, posso guardarmi intorno… E il silenzio ritorna. E io posso fare un po’ di ordine dentro di me ripensando a cos’ho fatto e cosa voglio fare. Forse mi sono abituata troppo bene al fatto di non dover render conto di niente a nessuno. Forse faccio così perché in certi momenti do tutta me stessa. Quando ci sono, ci sono, e “ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore dalle ossessioni e dalle tue manie”, non sempre però. Anche io ho bisogno di arricchirmi e se cerchi di volermi sempre tutta per te, se cerchi di prendermi non ci riesci. Perché scivolerò dalle tue mani e ricomincerò a nuotare. Per un semplice motivo. C’è troppo da vivere. E ho la pretesa di pensare che l’amore e l’amicizia debbano essere un’amplificatore della libertà. La libertà di accompagnarsi senza possedere. 
E c’è chi mi accompagna e io accompagno da sempre e lo farà per sempre. 
E a me questo basta, per sentirmi più sicura, quando cammino da sola.

1 commento:

Elena ha detto...

Eccolo è lui il problema del risotto! Grazie al vostro bel blog isolano ho scoperto che posso leggere i tuoi racconti senza passare per forza dagli inviti della Zoccola, bene :) muà, Ele.